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Una storia di eccellenza, sin dal '700,
nell'assistere i malati a Vicenza.

Le origini

L’origine dell’Ospedale di Vicenza risale al Settecento, epoca in cui  cominciò a farsi strada il progetto della fusione e della concentrazione di tutti gli ospedali minori della città, che raccoglievano e assistevano i poveri, in un unico “Ospedale Grande degli Infermi e dei Poveri”, com'era avvenuto a Milano.

Nel novembre del 1772 il senato veneziano, che a quel tempo governava su Vicenza, approvò la fusione e i vari luoghi di ricovero furono trasferiti nell'ex monastero di San Bartolomeo (detto anche San Bortolo). Il 18 settembre 1775, con una cerimonia e una processione solenne attraverso la città, si iniziò il trasporto degli infermi alla nuova sede, e questa data può essere considerata la vera nascita dell’Ospedale San Bortolo come lo intendiamo ancora oggi.

Anche se vi venivano ancora accolti poveri, era infatti stata già data un’impostazione sanitaria moderna, con un preciso regolamento che prevedeva la presenza di un protomedico, di un sovrintendente all'attività sanitaria e scientifica, di un priore per la gestione interna, di medici e chirurghi diretti da primari.

L'Ospedale nell'800 e nel 900

Già nell’800 però la sua dimensione si rivelava già insufficiente, in seguito alle varie epidemie di tifo, colera e malattie endemiche tipiche di in una popolazione povera e malnutrita.

Nel 1838, sotto la direzione dell'architetto Bartolomeo Malacarne, fu dato il via ad un primo grande ampliamento e nel 1873 fu approvato il nuovo statuto di quello che fu da allora chiamato "Ospedale civile di Vicenza". Fecero seguito molti miglioramenti: i bambini furono separati dagli adulti, furono prese misure antincendio, si passò all'illuminazione a gas, il saccone di paglia dei letti fu sostituito con materasso di lana o di crine, i locali per le autopsie furono allontanati dalle sale dei malati pellagrosi, le sale operatorie furono dotate di spogliatoi per i medici, si ammodernarono i locali di analisi e di elettroterapia.

Le scoperte scientifiche e le conoscenze epidemiologiche sulla diffusione delle malattie portarono poi, nel Novecento, ad una sempre maggior specializzazione degli ambienti. Furono così realizzati un padiglione per l'isolamento dei portatori di malattie infettive contagiose, uno specifico complesso per pazienti psichiatrici in borgo San Felice, un padiglione "De Giovanni" per malati di tubercolosi, una scuola per infermieri e furono anche acquistate le ambulanze per il trasporto dei malati. Dopo la seconda guerra mondiale il San Bortolo fu classificato come "ospedale di prima categoria" e nel 1964 diventò "ospedale regionale", con una decina di reparti ad alta specializzazione.

L'Ospedale oggi

A metà degli anni sessanta fu dato avvio alla costruzione di nuove e più moderne strutture: il "monoblocco" nel 1966, il "terzo lotto" nel 1974, il "quarto lotto" nel 1976.

A seguito di questi importanti interventi strutturali, lOspedale S. Bortolo è divenuto il punto di riferimento per l’assistenza sanitaria di tutti gli abitanti di Vicenza e - per le prestazioni più specialistiche - di tutta la provincia berica. Un duplice ruolo che è stato rafforzato con la riforma sanitaria regionale entrata in vigore formalmente il 1 gennaio 2017, con l’unificazione delle ex ULSS 6 e ULSS 5 nell’ULSS 8 Berica che ha portato l’ospedale S. Bortolo a operare sempre più in sinergia con gli altri ospedali territoriali, al centro di un sistema sanitario chiamato ad attuare nuove sinergie e condividere le best practices di ogni realtà.

Coerentemente con questo ruolo, il S. Bortolo è oggi impegnato in una duplice sfida, per essere un ospedale modello di accoglienza e allo stesso tempo un’eccellenza professionale e tecnologica.
Da una parte, quindi, è forte l’attenzione all’umanizzazione dell’assistenza sanitaria, per una Medicina in grado non solo di curare le patologie, ma anche di prendere in carico la persona nel modo più completo, garantendo ai malati elevati standard di accoglienza e senza trascurare in questo sguardo sensibile i familiari degli assistiti.

Questo impegno nel corso degli anni si è concretizzato in numerosi progetti, dall’attivazione di nuovi strumenti di dialogo con gli utenti all’acquisizione di nuove dotazioni per migliorare la qualità del tempo trascorso dai pazienti e dai visitatori in ospedale, fino alla ristrutturazione parziale o totale di ambulatori e interi reparti. Un’attività, questa, che è stata possibile grazie proprio alle donazioni raccolte dalla Fondazione San Bortolo.

Parallelamente, è costante l’impegno per migliorare la qualità delle cure prestate attraverso l’acquisizione di dotazioni all’avanguardia e l’attivazione di nuovi servizi ad elevata specializzazione, per confermare sempre di più il proprio ruolo di ospedale hub, con eccellenze riconosciute nei più diversi ambiti: dalla Nefrologia, dove l’attività assistenziale si coniuga una struttura per la ricerca medica che ha pochi uguali al mondo, alla Chirurgia Pediatrica, dalla Neurochirurgia alla Cardiologia e Cardiochirurgia, senza dimenticare la Chirurgia Maxillo-Facciale e la Terapia Intensiva Neonatale.

Va ricordato che il San Bortolo è stato il primo ospedale europeo, e tra i pochi al mondo, a potersi dotare del “Cyberknife”, mentre più recentemente, nel 2017, è stata inaugurata la Terapia Intensiva Pediatrica, grazie proprio ad un contributo determinante della Fondazione San Bortolo. E altre dotazioni importanti sono in fase di acquisizione, in uno sforzo di costante aggiornamento tecnologico per una sanità moderna e sempre al passo con i tempi.